fonte Anais Ginori -
La Repubblica PARIGI - La neve ricopre i tetti d´ardesia. L´orto è gelato, le capre si nascondono sotto gli alberi. La fattoria di Tarnac, piccolo borgo affacciato sull´altipiano del Corrèze, è tornata deserta, avvolta nella nebbia. E loro, i contadini-intellettuali finiti in prigione, non ci sono più. Terroristi. Oppure no. Sui nove giovani arrestati lo scorso 11 novembre in una fattoria sperduta in mezzo alla Francia si discute ormai da settimane.I ragazzi sono stati fermati con l´accusa di associazione terroristica e devastazione con finalità terroristiche: avrebbero condotto diversi sabotaggi sulle linee ferroviarie ad alta velocità.Le prove finora sono poche. Da quando le forze dell´ordine hanno circondato Tarnac all´alba per prelevare i sospettati, l´impianto accusatorio si è velocemente sgonfiato. Nella fattoria non sono state trovate armi. Quasi tutti gli imputati sono stati scarcerati. Ma con l´obbligo di domicilio, senza poter tornare a Tarnac. E venerdì il tribunale della libertà ha ordinato il rilascio di Julien Coupat, 34 anni, presunto capo della cellula.Ma la procura ha fatto ricorso. E quindi Coupat resta in prigione, insieme alla sua compagna, Yldune Levy, 25 anni. «Questa detenzione prolungata è inaccettabile» dice l´avvocato della difesa, Irène Terrel, conosciuta in Italia per aver difeso, tra gli altri, Cesare Battisti e Marina Petrella.Coupat è un militante dell´estrema sinistra, che per qualche anno ha diretto una rivista di filosofia politica. Sarebbe sempre lui, l´autore del libro «L´insurrection qui vient», l´insurrezione a venire, pubblicato nel 2007 da un collettivo anonimo: un virulento pamphlet contro il capitalismo in cui si parla di rivolta e sabotaggi. Secondo alcuni investigatori, il libello ricorderebbe il linguaggio delle Brigate Rosse. Per Michèle Alliot-Marie, ministro dell´Interno, non ci sono dubbi: questi «anarchici autonomi» volevano attentare al cuore dello Stato. «Ho conosciuto Julien Coupat e posso dire che è un brillante intellettuale» racconta invece il filosofo italiano Giorgio Agamben, che dalle colonne di Libération ha scritto sugli arresti di Tarnac. Titolo: «Una tragicommedia, più che terrorismo».La storia comincia nel 2004, quando Julien lascia una vita agiata in un quartiere chic di Parigi per andare a formare la sua «comunità» neorurale nel Corrèze. I giovani avevano recuperato un rudere disabitato, aperto un alimentari che non c´era più da anni.Secondo gli altri abitanti, passavano il tempo a coltivare carote e a sistemare la loro vecchia fattoria. Sono dalla parte dei loro «strani» vicini di casa. La polizia invece è convinta di avere buoni indizi, almeno sugli episodi di sabotaggio. In particolare, un pedinamento di Julien e Yldune la sera del 7 novembre fino a una stazione ferroviaria.Il giorno dopo, la linea tra Parigi e Lille è stata paralizzata per ore. Un piccolo gancio di ferro è stato ritrovato sugli alimentatori. «Anche se lo avessero fatto - ribatte Jean-Michel, portavoce del comitato «11 novembre» - sarebbe saccheggio o vandalismo. Non terrorismo». «La nostra libertà è in pericolo» dice Jocelyne Coupat, a cui non è stato ancora permesso di vedere il figlio. «L´hanno arrestato come fosse Bin Laden». La legge anti-terrorismo in Francia è molto restrittiva per i diritti individuali. Ma il governo non vuole indietreggiare.A complicare le cose, è arrivata qualche giorno fa una lettera al giornale tedesco Tageszeitung che ha rivendicato i sabotaggi. Altri segnali sono più preoccupanti. In Grecia, diversi messaggi di solidarietà con i «compagni francesi» contenevano anche minacce e un pacco esplosivo è stato recapitato all´Agence France Presse.Ci sarebbe, secondo gli investigatori, una rete che porta anche all´Italia. Circa quattrocento «toto», come vengono chiamati gli anarchici-insurrezionalisti, sarebbero in questo momento sorvegliati speciali. La polizia sostiene ora che i candelotti senza detonatore ritrovati lunedì nei grandi magazzini francesi del Printemps potrebbero essere collegati al caso del Tarnac.Sempre più convinta che si tratti di terrorismo, e non di filosofia. Ma senza le prove definitive per sciogliere il dilemma.
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